Animali Allevati Intensivamente: gli Allevamenti Intensivi Fanno Male agli Animali?

Lambs in south of France, by-products of the Roquefort cheese industry. Credit: L214

L’espressione “allevamento intensivo” è utilizzata così comunemente al giorno d’oggi che a volte dimentichiamo ciò che effettivamente denota: lo sfruttamento sistematico di esseri viventi su una scala immensa, dando loro la stessa importanza che daremmo ai componenti di un’automobile in fase di assemblaggio su una catena di montaggio. Ma ognuno degli animali allevati, cresciuti, mutilati, picchiati, deliberatamente ingravidati, affamati, ingabbiati e macellati è un individuo – ognuno con una personalità distinta e con desideri e bisogni che un allevamento intensivo non potrà mai soddisfare.

Cosa Sono gli Allevamenti Intensivi?

Gli allevamenti intensivi sono strutture industriali su larga scala in cui gli animali vengono allevati, ingrassati per la carne o sfruttati per il latte o le uova, e poi macellati. Nulla di tutto ciò è naturale, dall’uso dell’inseminazione artificiale (e talvolta chirurgica) delle femmine ai mangimi innaturali che vengono somministrati e ai capannoni illuminati e ventilati artificialmente in cui sono confinati.

L’allevamento è un’attività commerciale che ha come obiettivo primario il profitto e nulla è lasciato al caso. Gli animali vengono nutriti con il minimo indispensabile per mantenerli in vita e farli produrre. I loro movimenti sono fortemente limitati, altrimenti il mangime verrebbe sprecato per il movimento o il gioco, mentre ogni caloria dovrebbe essere destinata alla produzione di carne, latte o uova. Vengono messi in gabbia o angusti recinti per nostra comodità, nonostante i danni psicologici e fisici che questo provoca. Gli amici guardano gli amici morire. I figli vengono sottratti a madri in lutto. In questa filiera spietata, niente di tutto ciò ha importanza finché i profitti continuano ad arrivare.

Perché gli Allevamenti Intensivi Fanno Male agli Animali?

Ci vuole poca immaginazione per capire perché essere stipati in un capannone o in una gabbia sudicia, stare in piedi su zampe doloranti rotte e respirare aria nociva mentre quelli intorno a noi soccombono e muoiono, non sia una bella vita. Dopo tutto, anche noi siamo animali e, a livello fondamentale, le cose che vogliamo sono le stesse che vogliono gli altri animali: vivere liberamente, essere ben nutriti, scegliere un compagno e allevare i nostri piccoli, sentirci al sicuro ed essere liberi dal dolore.

L’allevamento intensivo è definito dal confinamento, ed essere confinati con un gran numero di altre persone significa che i singoli animali non ricevono quasi mai un’attenzione individuale, soprattutto per gli animali più piccoli come polli e anatre. Dopotutto, quando ce ne sono decine di migliaia in un capannone, come possono essere trattati come esseri distinti? E così, se uno si ammala, muore lì, senza essere curato. Se uno si ferisce o zoppica, vivrà tutta la vita nel dolore.

Gli abusi aggravano la loro miseria: gli animali vengono comunemente presi a calci, picchiati, sottoposti a elettroshock e lanciati. Poi arriva il giorno in cui vengono liberati da tutto questo, ma il loro primo giorno di libertà fuori dai capannoni, dai recinti e dalle gabbie è il giorno in cui moriranno.

Animali Allevati Intensivamente

La maggior parte degli animali sottoposti a questo trattamento spietato è destinata al consumo umano, ma anche i visoni vengono trattati allo stesso modo per la loro pelliccia e i cuccioli per il commercio di animali domestici. Anche i conigli, ma il loro futuro è meno certo. I conigli che lasciano gli allevamenti possono essere destinati al macello, al laboratorio di vivisezione o alla vita in una conigliera nel cortile di casa di qualcuno.

Polli e Galline

Polli, galli e galline sono probabilmente gli animali più maltrattato del pianeta: il 95 per cento di quelli allevati per il consumo umano in Italia nascono, crescono e spesso muoiono in strutture intensive. Questi uccelli trascorrono la loro breve vita all’interno di vasti capannoni insieme a decine di migliaia di altri. Secondo una stima di Animal Equality, almeno il 5 per cento di loro non riesce a sopravvivere nemmeno alle sette settimane previste all’interno di quei capannoni e soffrono, muoiono e marciscono sulla lettiera sotto le zampe dei loro compagni di confinamento.

Ai polli non sono consentite più di sette settimane di vita. Questi uccelli sono stati selezionati geneticamente per diventare enormi in quel breve lasso di tempo, ma all’interno di quel corpo deforme sono ancora dei cuccioli. Fanno gli stessi richiami dei pulcini e hanno gli occhi azzurri di un pulcino. Poiché i loro corpi crescono troppo velocemente, il cuore, i polmoni e le ossa sono sottoposti a una pressione enorme. Le ossa si rompono sotto il peso eccessivo e i cuori cedono. Quelli che si ammalano o sono deboli possono morire di fame ed essere spazzati via insieme alla spazzatura quando i capannoni vengono sgomberati per accogliere il gruppo di vittime successivo.

C’è una seconda tipologia geneticamente selezionata, ed è quella delle galline ovaiole. In Italia, la maggior parte delle galline che depongono le uova vive comunque in gabbia (sebbene “arricchita”), con ogni uccello che uno spazio vitale di poco superiore a un singolo foglio A4. Benché le nuove gabbie prevedano un trespolo per appollaiarsi, lo spazio è comunque troppo angusto e spoglio perché alle galline venga consentito esprimere i propri comportamenti naturali.

In Italia, esistono quattro tipologie di allevamenti per le galline ovaiole: in gabbia, a terra, all’aperto e di tipo biologico: il 92 per cento delle soggettività allevate in Italia non ha accesso all’esterno e soltanto lo 0,2 per cento di esse vive in allevamenti con meno di 1.000 esemplari. 

Bovini

Così come sono state selezionate due “razze” avicole (per la carne e per le uova), nello stesso modo sono state selezionate due tipologie di bovini: una che produce quantità innaturalmente massicce di latte, e una che mette su una grande quantità di muscoli per la carne. 

Ci si stupisce del fatto che le mucche usate per il latte non lo diano semplicemente girando un rubinetto, come se gli altri mammiferi – esseri umani compresi – potessero produrre latte ogni volta che glielo si chiede. Ma per produrre latte, tutti i mammiferi devono prima essere gravidi, e noi lo produciamo per nutrire i nostri piccoli. Ma noi non vogliamo quei piccoli, vogliamo solo il latte. E così, quando il vitello nasce, succedono tre cose: se femmina, viene tolta alla madre in modo che non possa bere il latte, poi viene accudita da sola fino al giorno in cui potrà essere ingravidata e ricominciare il ciclo; se maschio, viene tolto in modo che non possa bere il latte e può essere accudito da solo, e tenuto debole e anemico in modo che possa essere macellato per diventare carne di vitello; quelli che non sono considerati di valore commerciale possono essere semplicemente tolti alle madri e uccisi con un colpo di pistola alla testa.

I bovini allevati per il loro corpo sono tipicamente confinati in recinti da ingrasso. Si tratta di grandi e sterili recinti all’aperto, dove possono essere ospitati fino a 85.000 animali alla volta. Per queste creature, che si sono evolute per vagare sui pascoli, non c’è altro da fare che stare tutto il giorno a mangiare il cibo che viene loro portato, spesso contenente prodotti coltivati su terreni deforestati.

Anatre

La maggior parte di noi vede le anatre su specchi d’acqua e pensa che la loro vita sia piuttosto bella. Non vediamo i milioni di esemplari che, come i polli, sono tenuti stipati nei capannoni degli allevamenti. Tutti gli orrori che i polli sopportano, li sopportano anche le anatre: il confinamento, il sovraffollamento, la lettiera carica di ammoniaca che brucia le loro zampe. Ma alle anatre viene inflitta un’ulteriore crudeltà: viene loro negata l’acqua.

Le anatre sono uccelli acquatici e hanno bisogno di acqua. Ne hanno bisogno per moderare la temperatura e per pulirsi. Senza acqua in cui immergere la testa, i loro occhi si incrostano e alcuni uccelli diventano ciechi. 

All’interno di capannoni luridi e bui, questi uccelli giocherelloni – che hanno bisogno di nuotare, tuffarsi, dilettarsi e giocare nell’acqua – sono costretti a stare sempre in piedi. Non sono rare fratture alle zampe.

Quasi tutta la carne di anatra presente nei negozi e nei ristoranti proviene da queste povere anime, nascoste alla vista del pubblico all’interno dei capannoni degli allevamenti.

Visoni

Centocinquant’anni fa, i visoni selvatici iniziarono ad essere catturati e tenuti in gabbia per poterne “raccogliere” la pelliccia senza che i catturatori dovessero andare a cercarli in natura. Nel corso degli anni, questi animali semi-acquatici sono stati allevati e cresciuti per aumentarne la resa in termini di pelliccia. Anche se ora possono essere considerati addomesticati, il loro istinto selvaggio rimane ancora forte. Dopo tutto, sono stati tenuti in cattività solo per 150 anni, un battito di ciglia rispetto ai 12.000 anni di addomesticamento dei cani.

I visoni sono creature timide, solitarie e introverse. L’ultima cosa di cui hanno bisogno è essere costretti in piccole gabbie di filo metallico, stipati con molti altri visoni. Lo stress è immenso e porta molti di loro ad auto-mutilarsi.

Come le anatre, i visoni hanno bisogno di acqua. In natura passerebbero il 60 per cento del loro tempo in acqua, ma negli allevamenti non la vedono, se non in un tubo per bere. In Italia c’erano solo più 10 allevamenti di visoni – e soltanto 5 attivi – con poco più di 7.000 animali detenuti. Con i rischi zoonotici legati al coronavirus, il nostro paese ne ha determinato la chiusura definitiva, introducendo contestualmente il divieto di allevare visoni in Italia. Teoricamente, entro giugno 2022 tutti gli allevamenti ancora esistenti (che ospitavano prevalentemente riproduttori) avrebbero dovuto essere svuotati e le strutture smantellate. Tuttavia, nel luglio 2022 le gabbie confinavano ancora 5.700 soggettività fra Lombardia, Abruzzo ed Emilia-Romagna… 

Suini

I maiali sono come i cani: sono intelligenti, socievoli, amanti del divertimento e pieni di personalità. Amano anche i grattini sulla pancia e scodinzolano quando sono felici. Pur condividendo molte delle stesse caratteristiche, il modo in cui trattiamo queste due specie non potrebbe essere più diverso.

La maggior parte di noi ama i propri cani. Sono i nostri migliori amici e condividono le nostre case, i nostri letti e le nostre vite. Se qualcunə li costringesse in gabbie così piccole da non poter fare un passo avanti e indietro e li lasciasse lì per settimane e settimane durante la gravidanza, saremmo disgustatɜ. Se sviluppassero enormi piaghe da decubito sulle spalle per essere costrettɜ a stare sdraiatɜ sul pavimento di cemento, chiederemmo che vengano presi provvedimenti. Se non avessero nulla da fare per occupare la mente e le loro frustrazioni li portassero a ferirsi l’unə con l’altrə, piangeremmo. E se il primo giorno di libertà da queste condizioni orribili fosse il giorno in cui vengono caricatɜ su un camion e portatɜ al macello, ci indigneremmo per l’abuso di una creatura che meritava molto di più.

Eppure, quando succede a milioni e milioni di maiali, tendiamo a voltarci dall’altra parte o a placare una coscienza tormentata dicendo che “non sanno fare di meglio”. Ma loro lo sanno. Sanno che questa non è la vita che hanno scelto, voluto o meritato.

Cuccioli

Così, mentre paragoniamo i maiali ai cani e diciamo che ci indigneremmo se qualcuno trattasse il nostro cane nel modo in cui vengono trattati i maiali, dovremmo sapere che la madre del cane che amiamo tanto potrebbe anche vivere in questo momento all’interno di un lurido allevamento, intensivo o quasi.

Nessuno sa esattamente quante “fabbriche di cuccioli” ci siano in Europa. Sappiamo però che il traffico di animali – inclusi gli animali cosiddetti “da affezione” – è il terzo traffico più diffuso a livello internazionale dopo armi e droga. Sappiamo però che ogni mese vengono venduti 46.000 cani fra gli Stati UE, la maggior parte dei quali privi di documenti e in canali illegali. Sono frequenti i sequestri della Guardia di Finanza e il canale preferito per la vendita è internet. Dietro al cucciolo di razza di cui ci siamo innamoratɜ potrebbe esserci una madre sola e intrappolata in una gabbia, ingravidata ancora e ancora finché non è troppo esausta per produrre altri cuccioli. E proprio come in ogni altro allevamento intensivo, quando una madre non è più redditizia viene semplicemente uccisa. 

Queste madri – amorevoli e fedeli proprio come quel loro simile con cui condividiamo le giornate – non conosceranno mai la sicurezza di una casa, la relazione e l’amore di una famiglia, o anche solo l’assenza di dolori e fastidi legata a regolari visite veterinarie e trattamenti anti-parassitari. Al contrario, vivono – e troppo spesso muoiono – in una gabbia sudicia in un altrettanto sudicio capannone, senza aver mai annusato l’erba, fatto una passeggiata nei boschi, giocato con una pallina o interagito con i propri simili. 

Questo atroce sistema esiste solo perché le persone vogliono il cane o il gatto di razza a basso costo, senza preoccuparsi che l’allevamento di provenienza sia registrato e soprattutto operi nel pieno rispetto dei più basici principi di benessere delle madri. Tutto questo può finire scegliendo l’adozione da canili, gattili e rifugi…

Conigli

È estremamente difficile offrire una vita significativa e felice a un coniglio in cattività. Come animali selvatici, hanno bisogno di libertà, di molto spazio per correre, saltare e fare i bisogni; hanno bisogno di terra in cui scavare una tana, di cose su cui arrampicarsi, di cose sotto cui nascondersi, di buon cibo fresco e adatto e della compagnia dei loro simili. In quanto animali da preda, devono anche essere protetti dagli attacchi di cani e volpi e da agenti patogeni, temperature estreme e cose che li spaventano. Questi simpatici animaletti sono in realtà estremamente complessi.

All’interno degli allevamenti non si fa alcuno sforzo per dare loro una vita degna di essere vissuta. È sufficiente tenerlɜ in vita il tempo necessario per raggiungere il peso adatto alla macellazione. Come visoni e galline ovaiole, sono tenutɜ in gabbia per tutta la vita. La rete metallica provoca piaghe aperte e ascessi alle zampe, e soffrono di bruciature da urina perché non hanno altra scelta che giacere sui loro stessi escrementi. Fra l’altro, in Italia non esiste alcuna legge che normi l’allevamento di conigli da un punto di vista di spazi disponibili, arricchimenti, possibilità di movimento o qualsiasi altra caratteristica che possa rendere la loro vita meno difficile. 

È una vita di sofferenza per queste creature, e solo in Italia 20 milioni di questi timidi, delicati animali, vengono allevati ogni anno in questo modo, soprattutto in Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna. 

Salmoni e Trote

Anche i pesci vengono allevati intensivamente. Quantɜ sostengono questo sistema affermano che sia utile per alleggerire la pressione sulle specie selvatiche, ma le richerche dimostrano proprio il contrario, visto che i pesci selvatici vengono comunque strappati all’oceano per nutrire i pesci negli allevamenti. 

In Italia, quasi tutto il salmone atlantico in vendita proviene da allevamenti intensivi, principalmente da Scozia, Norvegia, Regno Unito, ma anche da Stati Uniti. In natura, queste incredibili creature viaggerebbero per migliaia di chilometri durante la propria vita. Usano il proprio olfatto per ritrovare il fiume in cui essi stessi sono nati, solo per trovare il punto perfetto in cui deporre a loro volta le uova. Nelle reti o nelle vasche degli allevamenti, tutti i loro istinti e comportamenti naturali vengono azzerati. 

Una investigazione negli allevamenti di salmone della Scozia ha rivelato la sofferenza cui sono condannate queste creature selvagge: carni divorate dai parassiti, ferite aperte dovute ad aggressività intraspecifica da cui crescono alghe, acque con scarso contenuto di ossigeno, sporche, pesci morti ammassati in discariche a cielo aperto o lasciati a galleggiare nelle reti. La macellazione avviene solitamente con animali ancora pienamente coscienti.

Come i salmoni, anche le trote vengono stipate in allevamenti intensivi e l’Italia, purtroppo, è il maggior “produttore” di trote dell’Europa occidentale. E proprio come accade ad ogni altro animale allevato, le condizioni di sovraffollamento e scarsa igiene le espongono ad una serie di malattie fungine, virali e batteriche. Quanto ai metodi di trasporto e macellazione, questa indagine di Essere Animali è sufficiente per comprendere che se già sono terribili per le soggettività “terrestri”, per quelle acquatiche sono agonie interminabili e atroci.

Perché dovrebbe importarci dei pesci? Possono provare dolore? Le ricerche non hanno dubbi: assolutamente sì.

Tacchini

Alla gente piace la carne del petto dei tacchini e più quei petti sono grandi, più soldi si possono fare vendendo i loro corpi. Per massimizzare le dimensioni del petto, i tacchini sono stati allevati in modo selettivo più e più volte, ed è per questo che gli individui negli allevamenti intensivi hanno la forma che hanno. Se da un lato questo massimizza i profitti per gli allevatori, dall’altro ha un costo enorme per queste creature.

I loro petti sono talmente voluminosi che la maggior parte dei tacchini non riesce a riprodursi naturalmente. Vengono così utilizzati dei “mungitori di tacchini” che stimolano il maschio finché non eiacula, e poi inseriscono una siringa o un tubicino pieno di seme nell’apparato riproduttivo della tacchina. Spesso le femmine vengono ferite durante il processo. 

I pulcini di tacchino vengono allevati nello stesso modo dei loro cugini polli – negli stessi, sovraffollati e sudici capannoni, dove soffrono degli stessi problemi, incluse abrasioni e ustioni date dai pavimenti impregnati di urina, problemi alle articolazioni e alle zampe, deformità e zoppia. Senza contare le stesse, identiche ferite da noia che vediamo nei maiali e nei polli da ingrasso, e nelle galline ovaiole. 

Si tratta di una realtà ben diversa da quella dei loro antenati selvatici, che si nutrivano di cibo nei boschi e volavano per brevi distanze fino a 50 miglia all’ora. Ma come i loro antenati selvatici, i tacchini d’allevamento sono vivaci e curiosi e, se ne hanno l’occasione, anche abbastanza dispettosi. Negli allevamenti vengono trattati come un prodotto, ma in realtà ogni soggettività ha una personalità diversa e unica, come ogni persona che conosciamo.

Gli Allevamenti Intensivi Sono Crudeli?

Crudele / kru’dɛle/
Aggettivo [dalla Treccani]
Di persona, che non sente pietà nel veder soffrire altri, o che procura essa stessa ad altri, coscientemente e spesso con compiacimento, sofferenze materiali o spirituali; 2. Di atto, compiuto con crudeltà o che comunque procuri strazio fisico o dolore morale:

Sì. La definizione calza decisamente a pennello all’intero sistema degli allevamenti.

Come Vengono Uccisi gli Animali Allevati?

La macellazione commerciale non è come l’eutanasia di un cane malato. È brutale, spietata e terrificante.

Dopo essere stati trasportati su camion (o nave) per lunghe distanze, gli animali impauriti vengono spinti, presi a calci, picchiati e trascinati nel mattatoio, tra puzza di sangue, rumori metallici e grida degli animali spaventati.

Tutti gli animali terrestri vengono macellati a testa in giù e sgozzati, il che significa che muoiono per dissanguamento. La legge prevede che gli animali debbano essere prima storditi – anche se esistono esenzioni per motivazioni religiose che permettono a milioni di animali di andare al macello completamente coscienti – e i metodi di stordimento variano da macello a macello e da specie a specie.

Lo stordimento ha lo scopo di rendere gli animali incoscienti prima che vengano sgozzati, ma non rende il processo privo di crudeltà. Tutt’altro.

I bovini e bufalini vengono storditi con “pistole a proiettile captivo” penetrante, che spara un pistone retrattile nel cervello dell’animale. Benché esistano delle linee guida come “buone pratiche” per “garantire” il benessere degli animali durante la macellazione, non è affatto facile garantire che potenza di sparo, posizione e direzione siano corretti, soprattutto perché gli animali terrorizzati cercano di scappare. Sono stati messi a punto strumenti per immobilizzare la testa di queste creature, ma spesso la pratica si trasforma in diversi spari da diverse angolazioni… finché l’animale non crolla a terra. 

Gli ovini vengono solitamente storditi tramite “elettronarcosi”, termine aulico che indica il passaggio di una potente scarica elettrica nel cervello.  Gli elettrodi vengono posizionati fra le orecchie e gli occhi dell’animale, ma se il posizionamento è sbagliato, la scossa non dura abbastanza o l’animale terrorizzato si muove – come fin troppo spesso accade – soffrirà per una enorme scarica elettrica senza poi cadere a terra privo di coscienza. 

Anche i maiali possono essere storditi utilizzando degli elettrodi e le problematiche quanto a efficacia e benessere sono le stesse, benché sia consentito anche il proiettile captivo. Sempre più diffuso è lo stordimento in camera a gas. E mentre gli animali iperventilano per il panico, respirano i fumi tossici, crollano in preda alle convulsioni e soffocano per mancanza di ossigeno. Innumerevoli le irregolarità riscontrate nel corso di investigazioni sotto copertura. 

Polli e tacchini vengono solitamente appesi a testa in giù e attaccati a dei ganci con le zampe, poi trascinati in acque elettrificate Già questo di per sé è estremamente doloroso, considerando l’elevato numero di volatili che arrivano al mattatoio già con le zampe rotte. Ma poi, gli individui più piccoli possono non raggiungere neanche l’acqua, mentre altri sollevano deliberatamente il capo per evitarla. Queste creature arriveranno al taglio della gola pienamente coscienti. In alternativa e sempre più spesso, si utilizza il biossido di carbonio per causarne la morte.

Lo stordimento in sé provoca indicibili sofferenze, ed evitare lo stordimento provoca sofferenze ancora maggiori. Non c’è un modo facile per dirlo, ma non esiste affatto un metodo di macellazione che rispetti il benessere degli animali e eviti loro sofferenze inutili.

Quanta Carne Proviene dagli Allevamenti Intensivi?

In Europa, oltre l’80 per cento degli animali allevati a scopi alimentari proviene da strutture intensive. 

Alcuni Fatti sugli Animali e gli Allevamenti Intensivi

1. Le mucche da latte vengono inseminate artificialmente così… 

Un operatore infila la propria mano nell’ano della mucca per spingere la sua cervice in posizione corretta, mentre l’altra mano inserisce un tubo con il seme nella sua vagina. Ti sembra ancora così naturale, il latte?

2. Le pecore hanno spugne ormonali inserite all’interno della vagina 

Per sincronizzare l’estro e far sì che tutti gli agnelli nascano all’incirca nello stesso periodo, gli allevatori inseriscono delle spugne impregnate di ormoni all’interno delle loro vagine per indurre l’estro e inseminarle tutte contemporaneamente. 

3. Alcune pecore possono essere inseminate chirurgicamente

Le pecore che non rimangono incinte vengono definite “vuote”. Gli allevatori ovviamente non vogliono pecore vuote, e per ottimizzare le probabilità di gravidanza possono ricorrere a inseminazione chirurgica.

4. Tuttɜ vengono mutilatɜ

I bovini vengono marchiati, decornati, castrati. I suini subiscono il taglio delle code, l’estrazione dei denti e la castrazione. Agli ovini viene tagliata la coda, subiscono la castrazione e – per le specie destinate alla produzione di filati – può ancora essere praticato il mulesing (cioè l’asportazione di brandelli di pelle dalla zona perineale). Ai polli vengono tagliati i denti. Ai tacchini viene rimosso lo snood (il brandello di pelle colorato che cresce loro sul becco) e le unghie. Raramente si utilizza o viene utilizzato un analgesico, men che meno l’anestesia. 

5. Quando muoiono sono tuttɜ cucciolɜ 

Non è solo la carne di vitello a derivare da cucciolɜ. I polli vengono solitamente macellati ad appena sei- sette settimane di vita.  Bovini, ovini e suini muoiono dopo pochi mesi. Sono tuttɜ cucciolɜ quando vengono uccisɜ.

6. Nessuno ne esce vivo 

Essere vegetarianɜ risparmia già la vita a molti animali, ma ogni gallina ovaiola e ogni mucca da latte finirà al mattatoio non appena non sarà più sufficientemente redditizia. I loro corpi macilenti diventeranno carni di seconda o terza scelta. Senza contare i maschi “non voluti” da questa filiera, che muoiono quasi sempre subito dopo la nascita. 

7. Gli allevamenti intensivi sorgono spesso adiacenti a piccole comunità rurali o in zone svantaggiate

Gli allevamenti intensivi sorgono spesso in aree rurali o semi-rurali, dove i terreni costano poco. Sempre più numerosi sono i comitati di cittadini che ne chiedono la chiusura per problematiche che vanno dall’inquinamento ambientale alla svalutazione delle proprietà immobiliari della zona. Senza contare i problemi di salute. Alcune ricerche mostrano una correlazione fra “l’inquinamento dell’aria da allevamenti suinicoli e maggiore incidenza di nausea, pressione alta, problematiche respiratorie come riniti e sintomi più acuti di asma infantile, nonché una generale inferiore qualità di vita in tutta la popolazione della zona”. 

8. Le vasche di raccolta dei liquami uccidono le persone

I liquami che causano problemi respiratori nei residenti locali possono anche uccidere. Gli operatori muoiono travolti dai miasmi tossici che i liquami così stoccati esalano.

9. Le vasche di decantazione dei liquami uccidono anche gli animali selvatici

I liquami fuoriescono da queste vasche di raccolta e avvelenano i corsi d’acqua, creando “zone morte” dove nessun animale può sopravvivere. Gli allevamenti intensivi sono pessime notizie per la fauna selvatica.

10. Allevare animali causa deforestazione e perdita di biodiversità 

La produzione di carne richiede così tanta terra (perché ci restituisce molte meno calorie per ettaro rispetto agli alimenti vegetali) che non abbiamo abbastanza spazio per sostenerla,. Così, radiamo al suolo vaste aree di foreste ancestrali per far posto ai pascoli o alle coltivazioni di mangimi per gli animali allevati. E le specie selvatiche che un tempo vi abitavano vengono uccise o scacciate. Dal 1970, gli esseri umani hanno spazzato via il 60 per cento di tutte le popolazioni animali selvatiche e la zootecnia è una grossa parte del problema. 

La Storia degli Allevamenti intensivi

Sebbene l’allevamento di visoni iniziò 150 anni fa, gli allevamenti intensivi per il consumo umano iniziarono, di fatto, con i polli negli Anni Venti. Con l’intensificazione, le dimensioni dei nugoli crebbero, i costi si abbassarono e i profitti aumentarono. 

Negli Anni Quaranta – e in parte come risposta alle carenze alimentari globali legate alla Seconda Guerra Mondiale – la zootecnia iniziò davvero a spostare il baricentro verso le strutture intensive. Non si trattava più solo di visoni e polli, ma anche di tacchini, anatre, suini e bovini – qualsiasi animale potesse essere sfruttato per la propria carne, latte, uova, pelli e pelliccia, avrebbe potuto dare profitti assai maggiori semplicemente aumentandone i numeri e abbandonando la compassione. 

Le gabbie in batteria divennero la norma per le galline ovaiole negli Anni Cinquanta e Sessanta, e le gabbie di gestazione per le scrofe gravide più o meno nello stesso periodo. Da allora, siamo in caduta libera e oggi la maggior parte dei miliardi di animali allevati nasce, cresce e spesso muore in sistemi intensivi. 

È una situazione disperata, ma c’è speranza. L’aumento così rapido dei consumi di carne – spinto dalla produzione di carne a basso costo in sistemi intensivi – non è più visto come un fatto positivo. Oggi ne conosciamo le implicazioni in termini di cambiamenti climatici, deforestazione e perdita di biodiversità resistenza agli antibiotici, pandemie, malattie cardiache, diabete di tipo 2, morbo di Alzheimer e alcuni tipi di cancro, e un numero sempre maggiore di persone si sta rendendo conto della follia degli allevamenti intensivi. 

Speriamo che la loro caduta sia ancora più rapida della loro ascesa. 

Conclusioni

Secondo una indagine condotta nel 2019 e pubblicata nel 2020, il 73 per cento degli Italiani ritiene le condizioni dei polli allevati scarse o pessime, eppure il consumo di carne di pollo nel nostro paese è in continuo aumento. Basta questo dato a evidenziare come esista una vera e propria disconnessione fra ciò che riteniamo “giusto” e ciò che invece facciamo nel nostro quotidiano. 

Quando le investigazioni sotto copertura rivelano le sofferenze negli allevamenti o nei macelli c’è immediatamente una sollevazione di indignazione pubblica, ed è comprensibile perché molte persone sono di natura gentili e premurose. Ma per la maggior parte di quelle persone, togliere il proprio sostegno alla filiera degli allevamenti modificando la propria alimentazione può essere davvero impegnativo, se non difficile. 

Eppure, possono accadere cose miracolose quando scegliamo di allineare il nostro stile di vita coi valori in cui crediamo. Ci dicono così spesso che, passando ad un’alimentazione vegetale, le persone non solo sentono i propri corpi più forti, sani e in forma, ma percepiscono che anche le proprie menti e coscienze sono più pulite, leggere e felici. Moltɜ neo-veganɜ confermano un miglioramento nella propria salute mentale e nella propria pace interiore. 

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