Capitolo 8: Contrastare le Malattie Croniche

Malattie Cardiocircolatorie

Niente uccide più Italiani delle malattie ischemiche del cuore (es. infarto o angina) e delle malattie cerebrovascolari (es. ictus). Oltre 230.000 italiani muoiono per malattie cardiovascolari ogni anno, cioè il 35,8 per cento di tutti i decessi. Provocano così tanta sofferenza, ci portano via i nostri cari, senza contare l’enorme impatto economico, con un costo relativo alla spesa sanitaria che si aggira intorno ai 16 miliardi di euro, cui si aggiungono oltre 5 miliardi di euro legati a costi indiretti come la perdita di produttività.

Ci sono prove consistenti che una dieta vegetale ricca di frutta, verdura, legumi e cereali integrali può avere effetti estremamente benefici nella gestione, nell’arresto e persino nella regressione di queste patologie potenzialmente mortali. 

E se oggi un numero sempre crescente di medici professionisti e sistemi sanitari riconoscano ormai l’efficacia di una dieta vegetale e integrale nella terapia delle patologie cardiocircolatorie, i supporter di GenV Dean Ornish, M.D. e Caldwell Esselstyn, M.D. sono stati i primi professionisti della medicina ad eseguire studi e a dimostrare quanto cambiamenti di vita radicali possano dare il via ad un processo di regressione anche della più grave patologia coronarica senza l’utilizzo di farmaci o chirurgia. Oggi molti più esperti medici e scientifici si sono uniti a loro.

Risorse per la gestione, la regressione e la riduzione del rischio di sviluppare malattie coronariche, vascolari, infarto, arteriopatie e altre patologie collegate come ipertensione e ipercolesterolemia, sono disponibili qui

Cancro

Ogni anno in Italia vengono diagnosticati oltre 377.000 nuovi casi di cancro – esclusi i tumori della pelle diversi dal melanoma. Si tratta di oltre 1.000 casi al giorno. Benché la mortalità per tumore sia in diminuzione, in era pre-covid (quando ancora il livello di garanzia delle terapie e delle diagnosi precoci era alto) contava comunque oltre 179.000 decessi l’anno, che fanno dei tumori la seconda causa di more in Italia. Agli elevati impatti sulla salute, si aggiunge anche un peso socio-economico notevole, che si aggira fra i 17 miliardi di euro l’anno fra spesa sanitaria, spesa sociale e perdita di produttività diretta e indiretta).

Indipendentemente dalla causa, il cancro diventa una malattia solo nel momento in cui le cellule maligne invadono il nostro sistema immunitario. Un sistema immunitario potente può proteggerci contro il cancro ed contribuire ad eliminare i tumori già formati. E come abbiamo appreso nel Capitolo 5, anche una dieta vegetale e integrale può stimolare il nostro sistema immunitario.

Nel 2008, il Dr. Dean Ornish, fra i sostenitori di GenV, ha pubblicato una ricerca epocale in cui dimostrava come un cambiamento radicale di alimentazione e stile di vita potrebbe di fatto rallentare, arrestare e addirittura invertire la progressione del cancro alla prostata allo stadio iniziale. Questo è collegato al fatto che la nostra alimentazione e il nostro stile di vita possono influire sull’espressione genica, “spegnendo” i geni che promuovono il cancro e le malattie cardiocircolatorie.

Nel suo influente lavoro, The China Study, il biochimico T. Colin Campbell ha dimostrato che lo sviluppo del cancro è primariamente una patologia ad attivazione alimentare anziché di matrice genetica, e che un’alimentazione vegetale e integrale ad alto contenuto antiossidante ha un effetto biologico positivo sul sistema difensivo del nostro organismo, consentendogli di controllare e, a volte, persino di far regredire lo sviluppo del cancro.

Studi controllati hanno anche dimostrato che il consumo di proteine animali e di grassi alimentari ha l’effetto contrario sul cancro, “accendendo” di fatto lo sviluppo delle cellule tumorali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS – attraverso lo IARC – International Agency for Research on Cancer) ha risposto a queste prove inserendo le carni lavorate (insaccati come prosciutto, salame, pancetta, lardo, mortadella, wurstel, salsicce, carne essiccata ecc.) nel Gruppo 1 delle sostanze cancerogene, cioè nella stessa categoria di sostanze cancerogene del fumo di sigaretta. Le carni non lavorate come manzo, agnello e maiale sono anche state classificate come cancerogene e probabili cause di tumore.

Senza contare che anche i latticini (latte, yogurt, formaggi) sono collegati al cancro alla prostata e sono stati inoltre associati ad un maggiore rischio di sviluppare cancro al polmone, alla mammella o alle ovaie in persone con intolleranza al lattosio in pratica la maggior parte degli esseri umani sul pianeta! The Life After Cancer Epidemiology study (uno studio epidemiologico sui pazienti oncologici dopo il cancro, n.d.t.) ha scoperto che fra le donne con già una diagnosi di tumore al seno il consumo di una o più porzioni di formaggio, gelato o latte intero al giorno aumenta del 49 per cento la mortalità da cancro al seno, se paragonate alle pazienti che non ne consumano affatto.

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Diabete

In Italia i pazienti cui è stato diagnosticato il diabete sono oltre 3 milioni, il 90 per cento dei quali ha il diabete di tipo 2. Si tratta di un caso ogni 16 abitanti e in 20 anni (dal 2000 al 2019) i casi sono aumentati del 60 per cento. La Società Italiana di Diabetologia stima che vi sia, oltre ai casi “noti”, almeno un altro milione di italiani con la malattia misconosciuta e non diagnosticata. E il costo per la comunità è di 15 miliardi di euro l’anno solo in spese sanitarie, cioè il 10 per cento del totale di spesa del Fondo Sanitario Nazionale.

Studi dimostrano che la dieta standard occidentale, ricca di grassi, può far sì che il grasso si annidi nelle nostre cellule. Queste particelle di grasso interferiscono con la capacità dell’insulina di spostare lo zucchero dal flusso sanguigno alle cellule. Quindi, anziché dare energia alle nostre cellule, il glucosio rimane nel sangue, portando così al diabete. 

Un’alimentazione vegetale e integrale, naturalmente povera di grassi, è un potente strumento per prevenire, controllare e persino far regredire il diabete di tipo 2, proprio perché permette all’insulina di lavorare correttamente. Ne è anche stata dimostrata l’efficacia nel ridurre e gestire i sintomi del diabete di tipo 1.

In uno studio del 2003 finanziato dal NIH (National Institute of Health, l’istituto nazionale della sanità degli USA, n.d.t.), il Physicians Committee for Responsible Medicine (Comitato di Medici per una Medicina Responsabile, n.d.t.) ha monitorato migliaia di pazienti con il diabete di tipo 2 e ha determinato che una dieta vegetale può controllare i livelli di zucchero nel sangue tre volte meglio di una dieta a basso contenuto calorico e di carboidrati. Dopo appena una manciata di settimane di regime alimentare vegetale, i partecipanti hanno notato già sensibili miglioramenti di salute. In alcuni casi, non sembrava neanche avessero la malattia.

Al biochimico nutrizionista, Dr. Cyrus Khambatta, fu diagnosticato il diabete di tipo 1 nel 2002, e ha trascorso l’ultimo decennio a educare pazienti con diabete di tipo 1, diabete di tipo 1,5, pre-diabete e diabete di tipo 2, su come ridurre e far regredire la resistenza insulinica attraverso un’alimentazione vegetale e integrale e dell’attività fisica. Ha avuto risultati straordinari sui pazienti.

Per maggiori informazioni su come puoi gestire o far regredire la tua condizione di diabete o pre-diabete, dai un’occhiata a queste straordinarie risorse:

Morbo di Alzheimer

Il morbo di Alzheimer, una forma di demenza, è una sindrome progressiva del cervello che colpisce oltre 600.000 italiani, il 60 per cento dei casi di demenza nel nostro paese. Secondo l’Assidai, entro il 2040 i malati di Alzheimer saranno ben 2 milioni e mezzo. I costi per la collettività, diretti e indiretti, ammontano già a oltre 42 miliardi di euro l’anno e sono destinati ad aumentare.

E sebbene non ci sia a oggi nessuna cura conosciuta per la malattia di Alzheimer o per altre forme di demenza, c’è modo di prevenire il declino cognitivo, di rallentare la sua progressione e di migliorare la qualità della vita per quanti già si sono visti diagnosticare questa patologia. E ciò che la maggior parte dei 50 milioni di pazienti in tutto il mondo che già convivono con l’Alzheimer non sa è che facendo le scelte giuste nel proprio stile di vita avrebbero potuto ridurre il rischio di sviluppare questa devastante sindrome anche del 90 per cento.

Questa sconvolgente statistica viene spesso spiegata da due neurologi, pionieri nella ricerca sull’Alzheimer, i dottori Dean e Ayesha Sherzai, con-direttori del programmaBrain Health and Alzheimer’s Prevention Program’ (Salute del Cervello e Prevenzione dell’Alzheimer, n.d.t.), che, attraverso il loro pluripremiato lavoro, hanno scoperto che uno dei principali fattori a determinare la nostra salute neurologica sul lungo periodo è quello che decidiamo di mettere nei nostri piatti.

Alcuni scienziati hanno suggerito che l’Alzheimer sia essenzialmente un problema di smaltimento rifiuti: cioè l’incapacità del cervello di gestire l’immondizia con cui lo abbiamo nutrito per una vita, il che ha decisamente molto senso. Un’alimentazione sbagliata può danneggiare il nostro cervello in tantissimi modi; può causare infiammazione (una caratteristica delle malattie croniche); ostruire i vasi sanguigni (causa di malattie cardiovascolari e ictus); e privare il nostro cervello di nutrienti essenziali per il suo funzionamento ottimale. Sebbene il nostro cervello possa apparire come una piccola parte di noi, usa in realtà ben il 25 per cento dell’energia del nostro organismo e, siccome il cibo è energia, il cervello risulta particolarmente vulnerabile a qualsiasi scelta alimentare noi facciamo.

Il Dr. Dean Ornish sta attualmente conducendo il primo studio randomizzato e controllato per determinare se un cambiamento radicale di stile di vita possa far regredire la progressione della malattia di Alzheimer in stadio iniziale, e si aspetta un risultato positivo. In ogni caso, studi già esistenti dimostrano che seguire una dieta prevalentemente vegetale può ridurre il rischio di sviluppare il morbo di Alzheimer fino al 53 per cento, mentre l’esercizio fisico può ridurre il rischio di sviluppare la malattia del 40 per cento e l’ictus del 25 per cento.

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