Anni Sabbatici – Perché Sogno di un Anno Nuovo Non-Binario

Stuart Crowther aka Creeping Miasma (they:them:theirs)
Stuart Crowther aka Creeping Miasma (they:them:theirs)

Blog a cura di: Stuart Crowther

C’è una scena in un episodio del Muppet Show del 1977 dove Scooter racconta a Kermit che qualcuno è venuto all’audizione per lo show. Kermit chiede chi è questa persona, e Scooter risponde che l’individuo peloso in questione non è esattamente né un lui né una lei. Kermit osserva che questo quindi non lascia tante altre opzioni.

Amo i Muppets. Amo Kermit. Ma gli manca un passaggio.

[ Note dal Mio Letto di Malattia ]

Mentre scrivo queste righe, mi sto riprendendo dal Covid. Mi sento incredibilmente dispiaciutǝ per me stessǝ – rispondo alla malattia (stereo)tipicamente come un ‘uomo’. C’è dell’ironia in ciò che seguirà. Non sono una persona che si ammala facilmente, di regola – e sì, sono consapevole del privilegio insito in questa affermazione, quindi farò una distinzione qui e ora su ciò che intendo per malattia a breve termine. Mosciume. Non bene.

Per quel me che di solito sta bene, è davvero un’anomalia: se fossi il mio me prevalentemente in forma, sarebbe persino una novità. Ma non mi sento bene. E non c’è novità nel sentirsi “male”. C’è proprio solo quel “male”. Giusto?

Ho la tendenza a riflettere, meditare e rimuginare, in un certo senso. La difficoltà di mantenere una sensazione di benessere quando siamo malat* (a breve termine). Questa è la mia riflessione di oggi. Intendo questo in termini di benessere come stato personale dell’essere. Quando si è malat*, è praticamente impossibile ricordarsi di come ci si sentiva quando non si era “malat*”. I due stati non possono esistere nello stesso posto, allo stesso tempo. Un po’ come Clark Kent e Superman. O Will Ferrell e la commedia.  

Siamo sotto Natale. Fra poco iniziano le feste.

È il periodo delle notti buie e dei piedi gelati, dell’uscire di casa quando è buio pesto, e rientrare quando è ancora più buio. Il pensiero dell’estate, del caldo, del togliersi di dosso anche solo uno degli indumenti che abbiamo sembra incredibilmente distante. 

C’è persino da chiedersi se questo sia lo stesso pianeta che l’estate ha occupato un tempo? 

Sì. Ma anche: 

No.

[ Il Casino Del Mezzo ]

Sono una persona non-binaria. L’ho scoperto durante la pandemia. A casa in completa solitudine con i miei pensieri, a recitare fra me e me per l’assolutə nessunə, inconsciamente scalfivo, un giorno dopo l’altro, il rivestimento con cui presento me stessə al mondo. Realizzavo che quando l’autista del taxi mi chiamava “figliolo”, o quando i genitori chiedevano alla propria prole di scusarsi con “quell’uomo” cui era passata avanti nella coda in cassa allo Spar, non sapevo proprio di chi stessero parlando. Non ero io. Io non ero “quell’uomo”. Avrò anche dei genitali che mi definiscono come maschio, ma questo non significa proprio niente.  

A quanto pare, però, questo al mondo non piace.

La natura aborre i vuoti. Me lo disse un*insegnante, ovviamente, e io ci credo. 

Si affretta a riempirli. 

Probabilmente non c’è da sorprendersi. 

Cresciamo ascoltando storie. Ci occupiamo di tessere fila, diffondere narrazioni. 

È così che impariamo del mondo in cui siamo stat* paracadutat*. È così che diamo un senso a cosa significhi essere protagonista, antagonista, personaggio secondario, passante… O tutto quanto e ancora un po’. 

Ognunə ha una storia e le storie, ci insegnano, hanno delle regole.

Giusto/sbagliato.

Bene/male

C’era una volta/per sempre…

Impariamo presto lo schema. 

Siamo questo, oppure siamo quello. 

E se siamo ‘questo’, decisamente e sicuramente, non siamo ‘quello’. 

E veniamo applaudit* perché ci adeguiamo.  

‘Ragazzo coraggioso.’ Quella ragazza farà girar la testa.’

Definiamo noi stess* in contrapposizione, e non in relazione a qualcun*altrə. Tutto il resto è solo un allestimento – varietà o sapori diversi di ‘questo’ e ‘quello’. Possono avere un aspetto leggermente diverso, ma sentono allo stesso modo. Non c’è spazio di manovra, per la distanza fra due assoluti. Poiché un casino nel mezzo è davvero troppo… incasinato. 

[ Un Salto Nel Vuoto ]

Ma torniamo alla pandemia. Ho ben presto compreso – in un tempo che è simultaneamente accelerato e sospeso a metà strada – che avrei chiesto il vuoto e sperato che la natura potesse adattarsi. 

Cambio i miei pronomi sulla firma in calce alle e-mail da “egli/Iui” a “egli/loro” e, infine (almeno per ora) a “loro/loro” (‘they/them’ in inglese è plurale e neutro ed è solitamente il pronome scelto da persone non-binarie, gender-fluid e a volte anche da transgender; in italiano non esiste purtroppo corrispettivo, n.d.t.). Non è perfetto. Non descrive appieno il mio vuoto e rafforza l’idea che ci sia una dicotomia fissa contro cui posizionarsi, ma è un qualcosa. È l’idea di uno spazio. 

Chiedo ad altre persone di investire in quello spazio o, almeno, di fare un’offerta rimborsabile. Amic*, famiglia, collegh*. Chiedo, per non impormi, ma per auspicare un po’ di considerazione di ciò che (io) significhi. O non significhi. O nessuna delle due cose. O entrambe.

E non lo chiedo solo per me. Lo chiedo perché magari anche loro vorrebbero l’opportunità di fare un casino, o di allungare un piede verso l’abisso. 

Ma non tutt* vogliono quello spazio. Le persone che mi amano, le persone che non mi amano, le persone che non hanno sentimenti evidenti né in un senso, né nell’altro.

Lo vedo e faccio pace. (Per lo più. Ma è variabile.)

È il mio vuoto, il mio casino nel mezzo che permette ad altre persone di aggrapparsi ai lati e urlare “NO”. 

[ Alimentazione (N)on Binaria ]

E poi penso a diventare vegan. 

Ho trascorso circa 8 anni senza uova né latticini, e circa 20 anni senza carne. 

Ed ora eccomi qui, a fare la mia piccola parte per scucire / spacchettare / preoccuparmi per le cuciture di una delle molte – molte – binarietà che governano la nostra vita. 

E penso: 

Mangiare può essere qualcosa di binario? 

Vivere eticamente forse lo è?  

Siamo semplicemente vegan / non vegan? Etic* / non etic*? 

Umani/animali, commensale/cibo?

Conosciamo tutt* persone non-vegan che si definiscono amanti degli animali. La chiamiamo “dissonanza cognitiva”. Diciamo che le due affermazioni sono diametralmente opposte, che non possono esistere allo stesso momento. 

Ma i – le – carnist* dicono “no”. Entrambe le cose possono essere vere. Io non sono d’accordo, ma trovo l’affermazione… interessante.

Se quello spazio può essere aperto, se quel vuoto – o quel non-binario – può facilitare questi due punti di vista apparentemente incompatibili, perché allora altri spazi sono così intoccabilmente sacrosanti? Perché alcuni margini di manovra sono così pesantemente ristretti e regolamentati? Cosa diventa possibile quando imbrigliamo quella all’apparenza intrinseca abilità di bilanciare due pensieri opposti e incanalarla per rendere quel golfo obsoleto? 

[ Torniamo A Futurivor*… ]

James Cameron ha recentemente coniato il termine ‘futurivorə’ nel tentativo di ribrandizzare lo stile di vita vegan. Mi piace il fatto che abbia aperto la conversazione. Mi piace il fatto che si sia riferito ad uno stile di vita – in chiara opposizione al suo semplice essere una ‘dieta’.

Non mi piace l’approccio binario con cui ha deciso di contenere questi pensieri. Perché le strutture binarie ci tengono fissi in un punto. Lo fanno a tutt* noi e lo fanno in continuazione. 

Ora/allora. 

Il futuro/il passato.

Si presentano come finite e inamovibili. Ferme e inflessibili.

Incapace di appoggiare la pura casualità dell’universo che non ha un piano d’azione. 

Non mangiamo come mangeremo “in futuro” perché quel futuro non arriverà mai. È un falso concetto binario che ci permette di rimandare a qualche punto sull’orizzonte, qualche distante tempo del mai in cui non ci ciberemo più di animali. 

Quindi magari un pensiero non binario potrebbe semplicemente permetterci di abbracciare il moto perpetuo del divenire, appoggiandoci all’ora / qui / questo / vicino che ci tiene in piedi. 

Perr Cameron, ‘vegan’ “ha tutte queste connotazioni”. E ha ragione. Ma ogni termine ha delle connotazioni specifiche. Persino ‘non-binario’ . la ‘non parola’, la mia ‘non parola’ – ha delle connotazioni specifiche. 

Mi hanno aiutato? Sì.

Mi hanno ferito? Sì. 

Assegniamo dei significati alle parole perché abbiamo bisogno che le nostre vite siano storie.

E le storie hanno bisogno di un ‘c’era una volta / per sempre’. O no?

O forse lo smantellamento di questa struttura ben rodata ci permette di pensare-sentire la nostra strada verso altri modi di essere, in un mondo che non include la frase ‘Mmmmh… prosciutto!” 

[ Un Anno Nuovo Non-Binario? ]

Questo blog avrebbe dovuto contenere i miei auguri per il Nuovo Anno. E io mi sento di affermare che è così: sto solo facendo un po’ di confusione sull’aspetto di un blog di Capodanno. Quindi fammi causa. (O non farlo.)

Il mio augurio non è grande ma è anche immenso. È entrambe queste cose al tempo stesso.

Il mio augurio è che tutt* noi ci prendiamo un momento per riflettere / meditare / pensare a ciò che è possibile quando passiamo un po’ di tempo negli spazi vuoti tra gli “assoluti”, infiliamo un po’ le dita nei “non sicuri”, quando ci chiediamo se la polvere nel vuoto non sia uno spreco ma un’opportunità da rifiutare. 

Il mio desiderio è che riconosciamo che le strutture binarie ci danneggiano tutt*, anche quell* fra noi che (pensano) ci troviamo conforto. 

Il mio desiderio è che si rifletta su come il potere viene accumulato e mantenuto attraverso l’inserimento delle nostre gloriose moltitudini in buchi rotondi che funzionano per assicurare che solo un tipo di voce tenga il megafono, solo un tipo di culo scaldi il trono.  

Il mio desiderio è un futuro che non includa le parole “vegan” o “futurivorə”. Perché non ne avremo bisogno. L’altra estremità della loro struttura binaria non esisterà. Questi termini descriveranno ciò che alcuni corpi facevano una volta, quando li concepivamo in modo diverso. 

[ Abbracciando Il Favoloso Contraddittorio ]

Uno dei miei ex ultimamente mi ha chiesto: “Ti definisci anora gay?”

Ho riflettuto un momento e ho risposto, dubbioso “S-sì?”

“Anche se non sei binario?”

(Con più convinzione) “Sì”.

Posso vivere in quella favolosa contraddizione. Posso gettare radici in suolo instabile. 

E puoi farlo anche tu. Radicato può significare incastrato. Ma può anche significare profondo. Non chiedere a me di definire la differenza. 

Sono una persona non binaria. È tutto da vedere.


Stuart (loro/ess*) fa teatro e tiene lezioni. Hanno partecipato a cabaret, teatro fringe, West End, TV, radio e film, e sono artist*associat* sia con il All Things Considered Theatre e il Threedumb Theatre. Nei panni di Creeping Miasma, formano metà del duo drag plant-based, The Vegan Queens. Lo show di Stuart ‘Algebra’ – che racconta di una identità non binaria – è in cartellone allo Unity Theatre, Liverpool, UK per marzo 2023. Scopri di più.

Per i contenuti collegati al libro di Stuart, vai su The Library is Open.

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