Animali allevati, antibiotici e l’insorgenza dei super-batteri

In qualche momento della nostra vita, con ogni probabilità, ci è stato prescritto un ciclo di antibiotici per trattare un’infezione batterica. La maggior parte di noi dà per scontato che gli antibiotici funzionino e che si possa andare avanti con la nostra frenetica vita. Ma c’è un pericolo in agguato e la causa potrebbe sorprenderci: l’uso eccessivo di antibiotici porta all’aumento dei superbatteri.

Gli antibiotici sono farmaci miracolosi che fermano le infezioni uccidendo i batteri o impedendo ai batteri di riprodursi. Prima della scoperta della penicillina da parte di Alexander Fleming nel 1928, non vi erano farmaci efficaci per trattare numerose infezioni batteriche. Fleming e la sua piastra di Petri hanno spianato la strada per uno dei più importanti avanzamenti della medicina: gli antibiotici. Con il loro arrivo, infezioni un tempo mortali per le persone erano finalmente curabili.

Anche l’industria delle carni, che solo in Italia alleva quasi un miliardo di animali terrestri (80 miliardi nel mondo – esclusi i pesci), ha scoperto l’utilità degli antibiotici per gestire un problema persistente: come mantenere in salute grandi quantità di animali e stimolarne la crescita quando vengono allevati in strutture industriali, o allevamenti intensivi.

I superbatteri amano gli allevamenti intensivi

Gli animali allevati intensivamente vengono ammassati in spazi angusti e chiusi; cibo e acqua vengono loro portati dall’esterno e vivono in un ambiente insalubre che include le loro stesse deiezioni. Non viene loro mai permesso di uscire all’esterno per brucare l’erba o camminare. Queste condizioni provocano un enorme stress fisico ed emotivo per gli animali, che si ammalano. La soluzione è dare in pasto agli animali dosi sub-terapeutiche di antibiotici su base quotidiana, per far sì che restino in salute abbastanza a lungo per arrivare al macello, e per stimolarne la crescita più velocemente con meno cibo. L’uso degli antibiotici è una prassi pressoché standard negli allevamenti intensivi. Nel 2019, circa il 70 per cento degli antibiotici venduti in Italia è destinato agli animali negli allevamenti.

La zootecnia industriale ha risolto un problema, ma ne ha creato un altro. Esporre gli animali a dosi giornaliere di antibiotici è direttamente correlato all’insorgenza di batteri antibiotico-resistenti. Urvashi Rangan, Ph.D., direttore esecutivo del Food Safety and Sustainability Center (Centro per la Sicurezza e la Sostenibilità Alimentare, n.d.t.) presso Consumer Reports, descrive così il processo:

L’utilizzo spropositato di antibiotici, combinato con le condizioni in cui gli animali vengono allevati, crea un ambiente assai ospitale perché i superbatteri si sviluppino e proliferino”, dice Rangan. I farmaci “possono uccidere i batteri più deboli nel tratto digerente degli animali, lasciando i superstiti più coriacei ampio margine per moltiplicarsi. Questi batteri, così come determinati residui degli antibiotici, vengono poi espulsi attraverso le deiezioni, e il letame è il mezzo perfetto perché i batteri antibiotico-resistenti si moltiplichino. Con l’andare del tempo, ci ritroviamo con colonie di superbatteri pressoché indistruttibili”.

I superbatteri sono una minaccia per tuttɜ

Superbatteri? È una parola che fa paura solo a sentirla, ed è utilizzata per descrivere patogeni potenzialmente mortali che non sono trattabili con l’attuale gamma di antibiotici disponibili. Secondo il CDC statunitense – ma il nostro ISS è di parere analogo:

L’antibiotico-resistenza è una delle più gravi minacce per la salute umana. Infezioni da batteri resistenti sono ormai troppo comuni, e alcuni patogeni sono persino diventati resistenti a più tipi o classi di antibiotici (antimicrobici utilizzato per trattare infezioni batteriche). La perdita di antibiotici efficaci compromette la nostra capacità di combattere malattie infettive e gestire le complicanze delle infezioni molto comuni in pazienti fragili, come lɜ pazienti oncologicɜ sottopostɜ a chemioterapia per il cancro, o lɜ dializzatɜ con i reni che non funzionano, nonché lɜ pazienti chirurgici, soprattutto quellɜ che hanno subito trapianti d’organo, per lɜ quali la possibilità di trattare infezioni secondarie è cruciale”.

A cura di Joyce Tischler, Professoressa di Giurisprudenza Animale, Center for Animal Law Studies presso la Lewis & Clark Law School

Quanto è grande il problema dell’antibiotico-resistenza ?

Secondo l’ECDC, nella sola Unione Europea, ogni anno, si verificano più di 670.000 infezioni dovute a batteri resistenti agli antibiotici; oltre 33.000 persone muoiono come conseguenza diretta.

L’industria zootecnica afferma che queste paure sono esagerate, ma l’evidenza sembra smentirli. Uno studio pubblicato nel 2018 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) conferma “la grave situazione dell’antibiotico resistenza a livello globale”. Vi si legge: “Alcune delle infezioni più comuni al mondo – e potenzialmente più pericolose – si dimostrano resistenti ai farmaci”.

Nel marzo 2022, l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, n.d.a.) ha presentato, congiuntamente a OCSE, ECDC ed EMA, una nota informativa congiunta alla presidenza francese del Consiglio dell’Unione, dal titolo “Resistenza agli Antibiotici nell’UE/EAA: risposta in termini di salute unica globale”, che include anche una serie di raccomandazioni e soluzioni politiche. Benché i dati inclusi nel documento sottolineino che l’utilizzo non necessario di antibiotici negli animali allevati a scopi alimentari nell’Unione sia diminuito, non così la resistenza dei patogeni. Lo scorso anno, un eurodeputato tedesco, Martin Häusling, aveva presentato al Parlamento Europeo una mozione di risoluzione molto controversa, in cui chiedeva la messa al bando di alcuni antimicrobici (tra cui antibiotici) di largo uso per gli animali, in linea con l’impegno – da tempo promesso dall’Unione Europea – di varare una stretta sull’utilizzo di questi farmaci nel settore zootecnico. Mozione che però è stata bocciata per insufficienza di voti a favore, dopo settimane di accesa attività lobbistica da parte di farmaceutiche e associazioni zootecniche.

Le minacce per la salute umana (animale e del pianeta) sono tutt’altro che passate, considerando la riluttanza degli organi legislativi di regolamentare adeguatamente l’utilizzo degli antibiotici, la resistenza dell’industria zootecnica di fronte ai cambiamenti e alle pressioni delle farmaceutiche, è d’obbligo continuare a preoccuparci.


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