L’Agribusiness Sta Attaccando i Diritti delle Popolazioni Indigene in Brasile

Indigenous man protesting with banner saying "for the end of the indigenous genocide", in march for the rights of the indigenous people.
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Una nuova proposta di legge recentemente approvata dalla Camera bassa del Brasile è una prevedibile tragedia per le popolazioni indigene, per l’ambiente e per gli animali.


Blog a cura di Vitor Ávila


La storia del Brasile è una storia di dispute territoriali. Quando i portoghesi arrivarono nel 1500, trovarono qui la promessa di ricchezza, sia che si trattasse di disboscamento, oro o terra fertile. Tuttavia, c’era un ostacolo: questa terra aveva già dei “proprietari”. Almeno tre milioni di indigeni vivevano già qui, in un rapporto simbiotico con la natura. Il Brasile non è stato affatto “scoperto”; è stato invaso e gli invasori erano impazienti di sfruttare tutto ciò che c’era qui.

La suddivisione e la distribuzione delle terre furono solo i primi passi verso la conquista. I nobili portoghesi di rango inferiore ricevettero territori immensi e furono incaricati di far prosperare questi spazi (cioè di generare profitti per la corona). Alcuni ebbero successo con la coltivazione di canna da zucchero, altri con il commercio degli schiavi. In ogni caso, con ogni nuovo secolo, lo sfruttamento si addentrava sempre più verso l’ovest del Brasile, mettendo all’angolo le popolazioni indigene e sottraendo loro cultura, identità, proprietà e vite.

Oggi in Brasile ci sono meno di un milione di nativi (suddivisi in più di 300 gruppi etnici) e lo spargimento di sangue continua. Non sono più i portoghesi a voler sottrarre a queste comunità ciò che spetta loro di diritto; ora è il famigerato “caucus rurale”, che rappresenta gli interessi dell’agribusiness. Composto da politici, uomini d’affari e investitori del settore agroalimentare, questo gruppo di persone vuole continuare a sfruttare la terra, con l’obiettivo di produrre sempre più profitti. Ma, proprio come all’inizio della colonizzazione, gli indigeni rimangono in prima linea nella battaglia. Sono loro i veri custodi delle foreste. È facile capire questo concetto confrontando la mappa delle aree disboscate con quella delle riserve indigene in Brasile.

Il Congresso brasiliano conta attualmente quasi 350 parlamentari che formano il cosiddetto “caucus rurale”, un gruppo che vota pesantemente a favore di programmi che favoriscono l’agribusiness. Questo gruppo è attualmente mobilitato nel tentativo di far passare il disegno di legge 490 (ora al Senato con il nome di disegno di legge 2903), che include il cosiddetto “Marco Temporal” (tesi temporale) come una delle sue misure principali. In sintesi, questa misura stabilisce che un indigeno debba dimostrare che il suo popolo si trovava sulla sua terra già dal 5 ottobre 1988, data di ratifica della Costituzione brasiliana, per avere la garanzia di tutela di quel territorio.

Questa tesi del ‘Marco Temporal’ è una vera e propria assurdità; è il tentativo di creare una scappatoia legale per ridurre le dimensioni delle riserve e facilitare lo sfruttamento di queste aree da parte dell’agroalimentare, dei taglialegna e dei cercatori d’oro. È un’altra pagina di sangue in una lunga storia di sfruttamento della natura e di violenza contro i popoli indigeni.

Potresti chiederti: “Ok, buono a sapersi, ma cosa c’entra tutto questo con il veganismo?”.

Beh, tutto. Innanzitutto, noi vegan e i popoli indigeni abbiamo un nemico comune: l’agribusiness. È noto che l’allevamento di animali è la causa principale della deforestazione della foresta amazzonica, sia per l’espansione dei pascoli sia per le coltivazioni di soia (oltre agli altri cereali) che servirà come mangime per gli animali sfruttati da questa industria. La soia e la carne fanno parte della stessa rete di sfruttamento degli animali, ed è questa rete che trarrà i maggiori vantaggi se questa legge verrà approvata. Il ‘Marco Temporal’ sarebbe anche un disastro per la fauna selvatica, che soffre immensamente, ad esempio, quando la foresta viene bruciata per facilitare l’espansione dei pascoli.

Non dimentichiamo che il Brasile è uno dei maggiori esportatori di carne bovina al mondo. La soia brasiliana viene esportata anche per nutrire gli animali di tutto il pianeta. Ciò significa che la filiera zootecnica di tutto il mondo trarrà profitto dall’attacco ai diritti degli indigeni in Brasile.

Come Possiamo Aiutare?

È quindi fondamentale mobilitarsi per evitare che questo incubo diventi realtà. Ognuno di noi può contribuire in modi diversi alla mobilitazione, ad esempio:

  • Sostenendo le organizzazioni di tutela degli indigeni con una donazione
  • Prendendo parte a manifestazioni, sia online che per strada
  • Firmando petizioni
  • Condividendo informazioni online e con le persone che conosciamo
  • Infine, seguendo il lavoro dell’APIB (Articulation of Indigenous Peoples of Brazil – il Coordinamento delle Popolazioni Indigene del Brasile) sui social network e sul loro sito web. Il Coordinamento condivide informazioni, anche in lingua inglese, e il sito è di facile accesso e fruizione. 

Un attacco ai popoli indigeni è un attacco alla terra, alla giustizia e agli animali. Noi, come persone vegan, non possiamo rimanere in silenzio di fronte a un attacco così grottesco. #MarcoTemporalNão!


Vitor Ávila

Vitor Ávila non è solo un attivista per i diritti degli animali, ma anche un fotografo, un designer e un laureando in sociologia. Utilizza YouTube, Instagram e Twitter come strumenti di educazione antispecista.


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